Un tourbillon di reazioni. È in agitazione la scena politica desiana, dopo che questa mattina diciassette consiglieri comunali hanno presentato le proprie dimissioni, sancendo, di fatto, la caduta del parlamento. Spallata decisiva è stata quella della Lega Nord, spiega Dionigi Cannobio, segretario provinciale del carroccio: «Il problema era il sindaco e il rimpasto di giunta, prima promesso e poi negato. Non si poteva andare avanti con questi presupposti». Un presupposto che, ormai, nell'immaginario collettivo, assume i loschi contorni dell'ndrangheta, come un fantasma che il sindaco, Giampiero Mariani, prova a scacciare con un comunicato stampa: «Il consiglio comunale di Desio non viene sciolto da organi governativi per sospette infiltrazioni malavitose ma per una scelta di natura politica di alcuni consiglieri che si assumeranno la responsabilità di aver infangato l'onorabilità degli amministratori e l'immagine della città. Il sindaco di Desio, la giunta e i consiglieri Pdl, Indipendenti per Desio-Udc e Lista Civica Desio 2000, prendono atto della grave e irresponsabile decisione dei consiglieri del Pd, Italia dei Valori, Desio Viva, Movimento 5 Stelle e della Lega Nord Padania, di dimettersi provocando lo scioglimento del consiglio comunale e il commissariamento del comune in un momento in cui le istituzioni hanno il dovere di contrastare unite l'ndrangheta e di garantire la massima trasparenza nella confusione strumentalmente generata. L'attuale consiglio è stato eletto ad aprile e la nuova giunta opera da maggio. L'indagine 'Infinito' riguarda azioni e sospetti tutti antecedenti la nuova operatività amministrativa». Si accoda Elena Centemero, coordinatore provinciale Pdl di Monza e Brianza: «Nessuna infiltrazione mafiosa nella giunta o nel consiglio di Desio, ma solo ragioni politiche interne alla Lega cittadina hanno determinato la situazione attuale. Non siamo insensibili alla penetrazione dell'ndrangheta nel territorio della Brianza, come dimostra l'incontro pubblico che si terrà lunedì a Desio organizzato dalle nostre associazioni culturali con la partecipazione del Sottosegretario Alfredo Mantovano. Siamo però contro la cultura indiscriminata del sospetto». Di tutt'altro parere è Giulio Cavalli, consigliere regionale dell'Italia dei Valori: «Le primarie le aveva vinte l'ndrangheta. Prima ci dicevano che in Lombardia ci mancavano i boss e a luglio di quest'anno ne hanno ammanettati trecento. Ci dicevano che la Lombardia non è terra di 'lupara bianca' e Lea Garofalo è stata sciolta nell'acido nel cuore della padania. Poi ci hanno detto che la mafia da noi era solo di passaggio e le intercettazioni ci hanno insegnato come, ciclicamente, ad ogni campagna elettorale, torni a farsi vedere e sentire. Adesso cosa ci manca? Forse che la Lombardia abbia il 'suo' Cosentino? Per quello potrebbe essere sufficiente attendere il terzo grado di giudizio del 'lombardo' Senatore Dell'Utri…». |
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