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venerdì 24 febbraio 2012

Lombardia - sottoterra scorre un fiume di veleni

Lombardia - Sottoterra scorre un fiume di veleni

di Luigi Corvi da corriere milano

Pesticidi e solventi, dilagano i cancerogeni. Brescia: cromo doppio rispetto a Treviglio La falda da cui pescano gli acquedotti è sempre più compromessa. Ecco che cosa c'è nell'acqua potabile dei rubinetti 

MILANO — Nitrati e fitofarmaci, sostanze di origine farmaceutica, pesticidi, Pcb, solventi (tricloroetilene, tetracloroetilene, cloroformio), arsenico, cromo esavalente: c'è tutto questo e molto altro nell'acqua che scorre sottoterra in Lombardia, e che attraverso gli acquedotti arriva sino ai rubinetti delle nostre case. Acqua potabile, certamente, che rispetta i parametri di legge imposti dalla normativa europea, ma che - nonostante i trattamenti cui viene sottoposta - mantiene diverse sostanze cancerogene che l'organismo assimila, sommandole ad altre introdotte a nostra insaputa con l'alimentazione. Nella pianura, soprattutto tra Milano e Brescia, la falda è da tempo compromessa. Sconta gli effetti della massiccia industrializzazione ma anche quelli di un'agricoltura che negli ultimi decenni ha visto moltiplicarsi l'uso di sostanze chimiche.

In questa fascia della regione, l'unica città che si salva è Bergamo, perché non attinge dai pozzi ma convoglia l'acqua dalla sorgente Nossana che alimenta anche 33 comuni della provincia. Per il resto, con sfumature diverse, i veleni dilagano. Avere i dati delle analisi dei pozzi (acqua grezza), non è facile. Le Asl non li forniscono, dicendo che sono di proprietà dei gestori. Questi ultimi tendono a divulgare solo i dati dell'acqua distribuita, non quella da cui attingono, perché il loro compito è garantire i parametri al consumo. L'Arpa, dal canto suo, controlla la falda con una rete di 435 pozzi che però non sempre coincidono con quelli da cui pescano gli acquedotti, che sono migliaia. Un esempio: a Bergamo è monitorato un solo pozzo, quello a uso industriale dell'istituto Arti Grafiche, in cui è stata riscontrata una contaminazione di cromo esavalente (21 microgrammi/litro) per cui è in corso la bonifica. Ma il cancerogeno cromo VI, che da anni circola nei pozzi della Bassa Bergamasca, soprattutto a Treviglio (dove la media a dicembre era di 6,4), è presente in dosi ben più alte nell'acquedotto di Brescia — la città più critica della Lombardia—anche se i valori rientrano ovviamente nel limite per il consumo umano.

Dalle tabelle fornite dal gestore (A2A Ciclo idrico) emerge che nei 42 punti di approvvigionamento (39 pozzi e 3 sorgenti) il contenuto medio di cromo VI è di 11 microgrammi/litro, con un massimo di 31,7 al pozzo Sereno 2. Curioso che anche nella sorgente Mompiano ci sia cromo VI (13 microgrammi/litro). Non essendoci impianti di trattamento a osmosi inversa (gli unici in grado di trattenerlo) l'inquinante finisce nell'acquedotto dove, solo per effetto della diluizione, si abbassa a 9,14 (media dei «punti di controllo interno » fornita dal gestore), in linea con la media che l'Asl rileva dalla sua rete di controllo (9,48). Sempre a Brescia, è alta nei pozzi la presenza di tricloroetilene e tetracloroetilene (cancerogeni). A fronte di un limite di legge al consumo di 10 microgrammi/ litro, in alcuni pozzi si arriva a 38-39, ma grazie al trattamento con i filtri a carboni attivi, la media al rubinetto scende a 1,88. La legge imporrebbe comunque in questi casi la bonifica dei pozzi con valori superiori a 2,6 microgrammi/litro da parte della Regione, che - interpellata — risponde però così: «La presenza di solventi clorurati in prima falda (che, comunque, non mettono a rischio la potabilità) è un problema diffuso praticamente in tutte le zone industriali del nord Italia e viene trattato singolarmente nei casi in cui ci sono rischi per la potabilità dell'acqua (quindi dove le concentrazioni sono superiori ai 30 microgrammi/ litro)». Per quanto riguarda il cromo VI a Brescia si sta invece cercando di intervenire come a Verdellino, inoculando nel terreno un solvente che trasforma l'inquinante in cromo trivalente, non dannoso. A2A controlla comunque costantemente l'acqua immessa in rete e nel 2011 ha compiuto 2.000 analisi chimiche e batteriologiche, verificando 34 mila parametri.

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