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giovedì 14 gennaio 2010

L’EUROPA NON PASSA L’ESAME BODY SCANNER

I 27 in ordine sparso sulle nuove misure di sicurezza: dubbi sulla salute,l'efficacia e le lobby
  di Alessandro Cisilin
     Una parte del governo (Maroni e Matteoli) che annuncia in pompa magna i body scanner negli aeroporti italiani e va contro l'appello degli esperti europei a una decisione comune dei 27 (sennò non servono a nulla, e all'eventuale terrorista basta cambiare scalo di partenza), un'altra parte (Fazio) che frena facendo notare che anziché proteggere la persona ne attentano la salute, e l'opposizione che non dice nulla, incapace anche di prendere atto dello stato confusionale di Palazzo Chigi. Il copione è quello quotidiano. Il tema però merita un approfondimento, in quanto quegli aggeggi sono divenuti il nucleo centrale della politica globale della sicurezza dopo il fallito attentato di Natale sul volo Amsterdam-Detroit. Il costo dell'operazione sarebbe enorme. Obama ha annunciato   un investimento di un miliardo di dollari, e il New York Times ha parlato giustamente di cifra irrisoria rispetto agli obiettivi dichiarati. I più elementari dei body scanner, quelli a cosiddetta "impronta passiva", costano ciascuno circa 200mila euro. Se dovessero rimpiazzare gli attuali metal detector   (decuplicando tra l'altro i tempi delle procedure di imbarco) ne servirebbero alcune decine di migliaia, anziché i 40 ora in sperimentazione negli Stati Uniti. Il calcolo è facile: anche senza ricorrere ai più avanzati e intrusivi macchinari a "raggi X ionizzanti" che costerebbero 5 volte tanto, lo stanziamento della Casa Bianca potrebbe coprire tutt'al più il territorio aeroportuale di un paese come l'Italia, non certo del continente nordamericano. La sicurezza è naturalmente importante, ma si tratta di capire se il gioco valga la candela, ovvero se i benefici meritino i costi di una Finanziaria. Solo quindici mesi fa l'Europarlamento rispose di no quasi all'unanimità, anche perché tra i costi conteggiati c'erano quelli delle violazioni   della privacy e delle conseguenze sulla salute. Alla Commissione erano stati chiesti chiarimenti in proposito, ma l'esecutivo europeo non li ha forniti, sicché i deputati si rifiutarono di varare una normativa vincolante. E quando l'eurocrazia tace vuol dire che c'è qualcosa che è meglio non sapere. Che quelle macchine facciano male è comunque indubbio. Il dilemma è sull'ampiezza del danno. Le compagnie produttrici, dotate di robusti uffici di lobbying a Washington e a Bruxelles, minimizzano le ripercussioni assimilandole a quelle della telefonia cellulare ma ricerche indipendenti smentiscono, al punto che la presidenza spagnola di turno frena con la stessa insolenza del pur disciplinato Fazio, e perfino un paladino della sicurezza come Sarkozy, che i francesi chiamano Robocop, ha ordinato   agli esperti un mese di approfondimento. Ora, se Maroni invece accelera, anticipando di due settimane la riunione dei ministri europei dell'Interno e il vertice con i colleghi d'oltreoceano, è sulla base del concetto che "qualunque sia il danno è meglio che farsi saltare in aria". Il ragionamento è ineccepibile, salvo che non risponde a un ultimo dilemma   , che forse è il più essenziale: i body scanner garantiscono la sicurezza? La risposta è no. Addirittura molti scienziati sostengono che non avrebbero permesso neppure di identificare l'esplosivo nelle mutande dell'attentatore di Detroit. Il capo dell'antiterrorismo europeo De Kerchove giura il contrario, ma intanto il Parlamento europeo nei prossimi giorni metterà all'asta quella decina di body scanner acquistati all'indomani dell'11 settembre, e giudicati inutili.

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